NPL: banche italiane più a rischio rispetto agli omologhi europei

Gli NPL costituiscono un rischio per le banche italiane nonostante il calo degli ultimi anni.

Nonostante il consistente calo del portafoglio complessivo di NPL degli ultimi anni, le banche italiane sarebbero comunque più a rischio rispetto agli istituti bancari degli altri paesi europei.

La riduzione dello stock lordo di NPE (non-performing exposures) dai 340 miliardi di euro del 2015 ai 165 miliardi del mese di giugno 2019 non basterebbe quindi a garantire la stabilità del sistema bancario italiano. È quanto concluso da un rapporto pubblicato dall’agenzia Standard & Poor’s.

La situazione delle banche italiane in rapporto agli NPL

Non resta che domandarsi quali siano i fattori che abbiano portato la nota agenzia di rating a giungere a questa conclusione. Il primo sarebbe sostanzialmente legato alle difficoltà poste dal recupero dei crediti deteriorati nel nostro paese, principalmente determinate dalla lentezza del sistema giudiziario. I tempi di recupero sono sensibilmente più lunghi rispetto a quelli della maggior parte dei paesi della zona euro ed è inevitabile che ciò vada a incidere sullo stato di salute del nostro sistema bancario.

Un altro aspetto che, pur non riguardando direttamente la categoria degli NPL, incide sulla redditività delle banche, è il margine tra il tasso medio sui prestiti e quello sulla raccolta, che si attesta a livelli particolarmente bassi (192 punti base a novembre 2019).

Gli occhi degli esperti sono inoltre puntati sugli unlikely-to-pay, un fenomeno in crescita nel nostro paese e la cui evoluzione dipenderà dalle misure adottate a sostegno del rilancio delle imprese attualmente in difficoltà.

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La cessione di pacchetti di NPL a gruppi specializzati nella gestione e nel recupero crediti permette agli istituti bancari di attuare strategie di risk management efficaci e ben calibrate. La parola d’ordine è sostenibilità, in particolare per quanto riguarda le inadempienze probabili e tutti i casi in cui per il debitore esiste ancora la possibilità concreta di tornare in bonis.

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